Dalla Morte alla vita. Gli artisti contemporanei italiani interpretano la Resurrezione di Lazzaro

Catalogo della mostra "Dalla morte alla vita" tenuta a San Miniato (Pisa) nella via Angelica dal 6 al 28 novembre 2010. Curato da Fabrizio Mandorlini. Riproduzioni fotografiche Nilo Mascagni. Presentazione di Chiara Rossi assessore alla cultura, Fausto Tardelli vescovo di San Miniato. Introduzione di don Lido Freschi, parroco di Pino di Ponte a Elsa. Opere degli artisti:
GIORGIO GIOLLI • FRANCO GIANNONI • TROPEI • GIOACCHINO CALLONI • STEFANO GHEZZANI • BRUNA SCALI • SAURO MORI • ENRICO FORNAINI • PAOLO CAPONI • DILVO LOTTI • SALVATORE FIUME • REMO BRINDISI • ERNESTO TRECCANI • EMILIO TADINI • TRENTO LONGARETTI • SAVERIO TERRUSO • LUCIANO COTTINI • DIMITRI PLESCAN • TERESA BORRUSO • GLAUCO BARUZZI • PAOLO BARATELLA • BRUNO GANDOLA • LUCA VERNIZZI • VINCENZO SORRENTINO • NATALE ADDAMIANO • STEFANO PIZZI • SABINA CAPRARO COLANTUONI • LUCIANA MANELLI

Tutto iniziò nel 1982
Paolo VI nella lettera agli artisti scriveva: “L’artista moderno è soggettivo, cerca più in se stesso che fuori di sé i motivi dell’opera sua, ma propria per questo è spesso eminentemente umano. E’ altamente apprezzabile... Oggi come ieri. La chiesa ha bisogno di voi e si volge verso di voi”.
Come si è giunti ad avere una collezione di grandi opere a carattere religioso su un unico tema? Iniziò tutto nel 1982, ed ero da poco arrivato parroco nella piccola parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo a Pino. Eravamo nei primi giorni dell’anno quando il Consiglio Pastorale Parrocchiale mi chiese di riorganizzare la festa tradizionale di San Lazzaro che per alcuni decenni era stata accantonata, pur essendone viva la memoria. Nacque un palio, il palio di San Lazzaro. Pensammo di coniugare la festa religiosa e popolare con qualcosa che restasse nel tempo e caratterizzasse questo percorso.

Renato Tozzi, gentleman della cucina italiana e ideatore della mostra mercato nazionale del tartufo

Per capire oggi, a distanza di tanti anni cos'è stata la cucina di Renato Tozzi e come aveva trasformato il Miravalle di San Miniato (Pi) in un gioiello della gastronomia italiana, credo sia sufficiente cosa annotò il più grande giornalista italiano sul registro di sala dove i clienti potevano lasciare i commenti. "Vorrei saper scrivere come il Tozzi sa cucinare". Firmato Indro Montanelli Capodanno '66. Seguono tante altre firme. Gli fece eco alcuni mesi dopo il 4 giugno 1966 il sindaco di Milano, il "sanminiatese" Pietro Bucalossi: "Vorrei saper amministrare come il Tozzi sa cucinare". Oppure quel "Penne mondiali e carrello poetico dei piatti di Tozzi io sono fanatico. Con molti complimenti per l'ospitalità e la buona cucina" firmato Giulio Bosetti, o il garbo con cui gli si rivolgeva il regista Ignazio Silone "Al signor Tozzi imploro comprensione per il chiasso e la confusione che la rappresentazione del mio lavoro ha portato nel suo dominio così bello". E quando si parla del tartufo, come il Re della tavola, credo sia indispensabile pensare a Lui come il vero Re della cucina e della cucina al tartufo. LEGGI TUTTO

Con "Oltre il Campanile" - Molino d'Egola riscopre in più di mille foto in bianco e nero la sua storia lunga un secolo

Questa pubblicazione è dedicata a tutti i molinesi. A volerla con determinazione gli abitanti del Molino d'Egola, autoconvocatosi in un gruppo di lavoro nel quale hanno avuto un ruolo determinante Maria Manuela e Antonella Marrucci, Walter Salvini, Lisandro Nacci, Giuliana Caponi, Manuela Magni, Filomena Potenza e Milly Matteoli, coordinati da Fabrizio Mandorlini, a cui hanno dato un contributo determinante tante "memorie" del paese. Tutti insieme si sono dilettati per più di un anno, in freddi dopocena come nella calda estate, al Circolo Arci a riscoprire volti, nomi, persone e date, in molti casi, ricordi flebili dell'infanzia o sentiti raccontare in famiglia. E', nel suo insieme un libro aperto, in progress.  Le foto contenute nel libro sono state messe a disposizione da tante famiglie molinesi. Malgrado le quasi mille foto proposte, il volume non ha nessuna pretesa di essere esaustivo e si prefigge solo lo scopo di dare un contributo, seppur modesto, di fissare su carta, mantenere e conservare la memoria dell'ultimo secolo al Molino d'Egola in modo da poterla documentare e tramandare alle generazioni successive. LEGGI TUTTO

La liturgia e la musica sacra nella diocesi di San Miniato in un volume scritto a più mani arricchito da un consistente apparato fotografico d'epoca

Il testo, scritto a più mani, grazie agli interventi di mons. Franco Baggiani, del prof. Paolo Morelli, di mons. Luciano Niccolai, di Carlo Fermalvento, Gualtiero Sollazzi, Fabrizio Mandorlini e don Amedeo Deri, offre un interessante panoramica della vita liturgica e delle scelte musicali verificatesi nelle nostre parrocchie dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni. Nel libro è esposto in bella sintesi il magistero dei Vescovi diocesani, vengono descritte le celebrazioni dell’inizio del loro ministero episcopale, ben sottolineata è l’azione capillare da loro svolta per l’educazione al culto divino e per la formazione musicale sia degli aspiranti al sacerdozio sia del popolo cristiano. Viene pure segnalato il ruolo di mons. Cosimo Balducci, mons. Pietro Stacchini ed altri sacerdoti, veri antesignani della riforma liturgico musicale operata da Concilio Vaticano II, convinti com’erano di quanto affermerà in seguito la stessa Costituzione conciliare: “la liturgia è la prima e indispensabile sorgente dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano”. Una menzione speciale è riservata, al canto gregoriano, patrimonio prezioso da tener presente, anche in questa stagione postconciliare e alle rassegne corali, indette in questi anni dalla Commissione di musica sacra nell'intento di valorizzare le “scholae cantorum”, stimolandole a diventare vere guide del canto di tutta l’assemblea. LEGGI TUTTO

Le opere e gli scritti di Filiberto Scorzoso, tra impegno sociale e civico

Raccogliere gli scritti di Filiberto Scorzoso contenuti nella rubrica "Approfondiamo su..." proposta per anni sul settimanale diocesano “La Domenica” era un'idea che nasceva da lontano.
La scelta ha privilegiato gli argomenti e la riflessione. Ma possiamo dire che solo una minima parte, legata a date e fatti contingenti, o temi riproposti a distanza di anni, sono state omessi. Per inquadrare meglio la vita e gli scritti di Filiberto, è stato proposto a due persone che l'hanno conosciuto da vicino, e con cui ha strettamente collaborato, Gualtiero Sollazzi e don Andrea Cristiani di ripercorre un tratto della sua figura e delle sue opere. Infine, per inquadrare il ruolo storico del Difensore civico è stato chiesto a Lucia Franchini, attuale Coordinatore nazionale dei Difensori civici delle Regioni e delle Province autonome e Difensore civico della Toscana, succeduta a Giorgio Morales (con cui per il lavoro di ufficio Filiberto si consultava), di contestualizzare la sua figura nel momento storico e in confronto alle altre esperienze regionali.

Montecastello, un paese in un libro

“Fra la Valdera ed il Valdarno inferiore nelle ultime colline che degradano verso l’inizio della pianura pisana, sopra un colle dalla forma orbicolare sorge Montecastello a 131 metri sul livello del mare.” Pier Luigi Gorini elabora una panoramica generale di Montecastello, dalle sue origini fino ad oggi. Esamina non soltanto l’aspetto storico, ma anche i fattori sociali, religiosi e folcloristici che hanno caratterizzato lo sviluppo del paese.
In quest’opera viene sottolineato soprattutto il forte senso di appartenenza alla comunità, che contraddistingue gli abitanti: un popolo che ha sempre camminato insieme, unito nel bene e nel male, e che con intelligenza, volontà e tenacia ha anche saputo incominciare più volte da capo: “La chiesa, risorta dalle macerie più ampia e più bella come nelle intenzioni dei capofamiglia e di tutto il popolo, fu opera del genio civile, col contributo della comunità e di tanti benefattori”.  “Un grande libro che sicuramente saprà dare al lettore uno spaccato a trecentosessanta gradi di questa piccola località così tanto ricca di materiale.” LEGGI TUTTO

250 immagini dagli archivi esteri per raccontare la Toscana nel 1944, il passaggio del fronte e la liberazione

Tante foto, tanti preziosi frammenti di realtà e di storia;… di quella storia importante che ha condotto alla liberazione della Toscana nell’estate dell’anno 1944. Dalle riprese aeree di San Miniato, Montopoli in Val d’Arno, Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Empoli, Pontedera, Vinci, Castelfiorentino, Certaldo, Cerreto Guidi, Montelupo, Fucecchio, Calafuria, Piombino, alle immagini di truppe francesi e marocchine, di soldati inglesi, di ufficiali tedeschi, di cacciacarri, di carri armati (es. gli Sherman neozelandesi sulla Cassia, in provincia di Siena), di panzer e di carri Tigre, di bombardamenti, di esplosioni fra le abitazioni, di macerie, di ferrovie e ponti distrutti (es. quello di Vallebuona, tra Colle di Val d’Elsa e Poggibonsi), dell’interno del duomo di San Gimignano, colpito dalle artiglierie;… a quelle dei volti degli sfollati, ovvero di coloro che hanno vissuto direttamente e concretamente le sofferenze, le paure e le ansie della guerra, dell’oppressione,… e poi, finalmente, la gioia della liberazione, appunto. In quest’ultimo contesto si inseriscono, tra le altre, le suggestive foto che fissano nella memoria: la cattura di un fascista; l’ingresso dei primi mezzi e soldati americani a Massa Marittima (24 giugno ’44), e quello dei primi soldati sudafricani a Firenze (4 agosto ’44). Questo utilissimo volume, che deriva da uno scrupoloso lavoro di ricerca compiuto dai curatori, permette proprio di ricordare, di non dimenticare quelle “storie tristi” di sessant’anni fa, conservate nelle immagini per imprimere le quali “i fotografi […] rischiarono la vita fianco a fianco con le truppe combattenti, e a volte ce la rimisero”. Autori: Claudio Biscarini, Luciano Niccolai e Fabrizio Mandorlini. LEGGI TUTTO

Il tesoro dell'Orcino, un bandito nella Toscana dell'Ottocento

“È successo un fatto strano / nel paese di Orentano. / Con badili e con arnesi / una squadra di lucchesi / incomincia il suo lavoro / alla cerca di un tesoro: / il tesoro dell’Orcino”. Era il 3 marzo 1959 quando a Orentano, sotto gli occhi perplessi e curiosi della gente, si scavò una grossa buca quadrata nel bel mezzo della strada provinciale. Il responsabile dello scavo, certo Giulio Ramacciotti, agricoltore di Lunata, in seguito al continuo incalzare delle domande fu costretto ad ammettere che effettivamente stava cercando quel famoso tesoro, di cui da oltre un secolo si favoleggiava l’esistenza: uno scrigno pieno di gioielli e di monete d’oro. Il fascino, il mistero, la leggenda e quasi il “mito” di un personaggio che, fra Altopascio, il Marginone, la Chiesina, Pescia e le Cerbaie, condusse un’intera esistenza in conflitto con la giustizia.In effetti, il tesoro che l’Orcino ci ha lasciato, non dobbiamo cercarlo sottoterra bensì nei doviziosi scaffali degli archivi toscani: l’incorreggibile bandito non ha fatto ancora vedere ai posteri il luccichio dell’oro e delle monete che forse nascose, ma con le proprie vicende e le proprie parole, riportate dalle antiche carte, ci ha permesso di recuperare dettagli, fatti, personaggi “di una varia umanità”, di un’epoca reale e vissuta in maniera diretta ed immediata. LEGGI TUTTO

Un tempo nella provincia toscana nei ricordi di Giovanni Pezzatini

Giovanni Pezzatini è l'autore di un vero e proprio viaggio nella memoria nei luoghi dove ha vissuto la prima metà della sua vita: Cerreto Guidi. 96 pagine, il libro è arricchito dalle note introduttive del vescovo Carlo Ciattini, cerretese, della professoressa Grazia Arrighi e di Gianfranco Bartolini.
Questo viaggio nella memoria di Giovanni Pezzatini, senza avere intenti poetici o letterari, ma con stile semplice, asciutto e lineare, più una cronaca di ricordi che un vero e proprio racconto, fa emergere il forte e profondo attaccamento che l’autore ha con le proprie radici. In questo percorso a ritroso nel tempo, in una sapiente raccolta di immagini del ricordo, che si snodano dall’infanzia all’adolescenza e si caratterizzano in numerosi temi dalla famiglia, ai giochi, alle feste, alla scuola, al lavoro, è riuscito a riportare in vita luoghi, tradizioni, persone, modi di vivere semplici e genuini, del borgo, nella casa paterna, e, del piano, nella dimora dei nonni, dove è cresciuta e maturata la sua vita.
Così, sul filo dei ricordi, nell’amore profondo per il suo paese e per quei luoghi familiari e unici che si conservano indelebili nella memoria, si dipana una carrellata di eventi, esperienze, circostanze che fanno riaffiorare, nel passato di un mondo semplice e rurale, una relazione intima e profonda con i luoghi che fa entrare in contatto con l’essenza stessa delle persone, dei paesaggi, degli ambienti, delle situazioni, degli stili di vita sobri e sereni di bambini, giovani e adulti che qui vengono tratteggiati. Fraternamente. +Carlo Ciattini


Oltre il campanile -Molino d'Egola un secolo in bianco e nero

Questa pubblicazione è dedicata a tutti i molinesi. A volerla con determinazione gli abitanti del Molino d'Egola, autoconvocatosi in un gruppo di lavoro nel quale hanno avuto un ruolo determinante Maria Manuela e Antonella Marrucci, Walter Salvini, Lisandro Nacci, Giuliana Caponi, Manuela Magni, Filomena Potenza e Milly Matteoli a cui hanno dato un contributo determinante tante "memorie" del paese. Tutti insieme si sono dilettati per più di un anno, in freddi dopocena come nella calda estate, al Circolo Arci a riscoprire volti, nomi, persone e date, in molti casi, ricordi flebili dell'infanzia o sentiti raccontare in famiglia. E', nel suo insieme un libro aperto, in progress. Date e persone identificate. Non sempre è stato possibile essere precisi ed esaustivi con date e nomi specie quando solo il riconoscimento visivo non dava possibilità di incontro con fonti certe. In questo caso ogni lettore può integrare, le didascalie proposte e farsi una copia unica e personalizzata. In alcuni casi, sempre per facilitare il lettore, è stato inserito accanto al nome di battesimo il soprannome con cui la persona abitualmente veniva chiamata, mentre per i personaggi d'inizio novecento è stata segnalata la parentela con le persone di oggi.
Le foto contenute nel libro sono state messe a disposizione da tante famiglie molinesi e sono il frutto di una scelta, seppur dolorosa, tra le oltre duemila raccolte. Ma altre sono ancora nell'oblio di tanti cassetti e comò. Malgrado le quasi mille foto proposte, il volume non ha nessuna pretesa di essere esaustivo e si prefigge solo lo scopo di dare un contributo, seppur modesto, di fissare su carta, mantenere e conservare la memoria dell'ultimo secolo al Molino d'Egola in modo da poterla documentare e tramandare alle generazioni successive. 
I testi completano e integrano la documentazione che la memoria visiva propone. Mentre le ricostruzioni storiche sono stati inseriti come apporti di altri autori o estrapolate da pubblicazioni edite che negli anni hanno scritto sul Molino, i testi di attualità sono stati realizzati per l'occasione da Lisandro Nacci, Agostino Ulivi, Valentina Fogli, Anna Latini, Elena Bagnoli, Lorenzo Terreni, Marcella Dani, Bellarmina Mori, Mara Mari, Alessandro Matteoli, Marisa Fanciullacci, Veronica Potenza, Miriano Rossi, Manuela Parentini, Luciano Niccolai e per l'ASD Molinese Primo Mori. Un ringraziamento va a quanti si sono prestati con le loro testimonianze: Elena Bagnoli, Laura Caponi, Giuseppe Caponi, Giovanni Dainelli, Giovanni Caponi, Carlo Tognetti, Alessandro Matteoli, Pietro Valori, Giorgio Pinori, Marcella Calvetti, Maria, Silvana, Giuliana e Iris Nacci e chi ha aiutato a vario titolo il gruppo di lavoro come Miriano Rossi e Francesca Lucia. 
Per facilitare il lettore, che si ritroverà, sfogliando le pagine, immerso e invaso da emozioni e ricordi, il volume è stato argomentato in sette capitoli: Il Paese, Le Cerimonie (matrimoni, cresime, comunioni, processioni), La Scuola, Il Lavoro, La Guerra, Le Persone, i Personaggi e le Famiglie, L'Associazionismo, il Tempo libero e lo Sport. 
Di una cosa siamo certi. Quando abbiamo iniziato quest'avventura non pensavamo che il nostro paese potesse avere tanti cose da raccontarci ancora oggi. Le nostre origini sono il miglior investimento e garanzia per il nostro domani.

Fede e impegno sociale negli scritti di Filiberto Scorzoso

Raccogliere gli scritti di Filiberto Scorzoso contenuti nella rubrica "Approfondiamo su..." proposta per anni sul settimanale diocesano “La Domenica” era un'idea che nasceva da lontano. Una di quelle cose che, per un motivo o per l'altro, venivano da entrambi rimandate. Verso la fine di ogni anno quando era ben visibile la produzione giornalistica e gli scritti pubblicati, il proposito che ci davamo, Filiberto ed io, era che quegli scritti avrebbero meritati un seguito e dovevano essere pubblicati. Non ero il solo che avrei voluto raccogliere gli scritti di Filiberto. Più di una persona avevano stimolato l'interessato. Nilo Mascagni, che ogni settimana digitava i suoi scritti in redazione, provò anche a mettere Filiberto al pezzo, ma la modestia prevaleva sempre e prendeva il sopravvento sull'iniziativa. Ci riprovai nel 2009 quando, in occasione del Convegno Nazionale dei Settimanali Cattolici che si svolse per la prima volta a San Miniato, pensai che quegli scritti potevano essere l'occasione per regalare, ai più di duecento giornalisti provenienti da tutta Italia, un volumetto di approfondimenti. L'incalzare veloce degli eventi che crescevano, ci fecero propendere di parlarne con più calma. Esce dunque postuma, a un anno dalla sua scomparsa, questa pubblicazione per volontà della famiglia, della moglie Anna Maria, dei figli Alessandro e Francesco e con il modesto apporto dello scrivente, ben oltre quello che era il progetto iniziale. Questa pubblicazione si amplia e comprende i principali scritti che dal 1988 si sono succeduti sul settimanale diocesano. E raccoglie anche le principali relazioni di Filiberto realizzate durante lo svolgimento dell’ufficio di Difensore civico comunale, un servizio a cui teneva particolarmente. Nel cuore del libro rimangono però gli scritti contenuti nella rubrica su La Domenica. “Approfondiamo su...” aveva un posto privilegiato e una collocazione pressochè fissa: il taglio alto della prima pagina. Uno spazio di approfondimento di quelli che erano i momenti dell'anno liturgico adattato ai pensieri dei contemporanei, cogliendone i segni dei tempi per una valutazione modulare del lettore, dove, in poche righe si concentravano spunti e riferimenti per chi voleva approfondire. Ma che poneva, nella sua semplicità, interrogativi e spunti di riflessione. La rubrica comparve a partire dal 1995 con cadenza settimanale; salvo alcuni brevi periodi di vacanza, è andata avanti ininterrottamente fino al 2002.
Quando gli impegni, sempre crescenti, o la salute faceva qualche scherzo, ecco puntuale la telefonata preventiva di Filiberto nella quale chiedeva di essere dispensato dall'impegno settimanale. Al tempo stesso, quando sapeva di essere impegnato, nelle settimane precedenti si avvantaggiava preparando più di uno scritto per le uscite future del giornale. Così diceva, "vado in ferie dal giornale!".
Con la nuova grafica, un doppio dorso e il recupero della testata storica, sul settimanale diocesano non era previsto uno spazio sufficiente nel taglio alto di prima pagina, se non per brevi note o per aforismi. Dopo un periodo di prova di nuova collocazione decidemmo di evolvere la rubrica in articoli firmati. Filiberto si era avvicinato alla carta stampata nel 1988, quando Gualtiero Sollazzi, allora responsabile della direzione del giornale “La Domenica”, costituisce la redazione del settimanale e lo incoraggia a scrivere. Filiberto accetta molto volentieri e si impegna in questo incarico. Ben volentieri lo confermai nel 1995 nella redazione del settimanale quando mi fu chiesto di coordinare l'edizione diocesana che fa capo a Toscana Oggi. E con lui e al compianto Nilo Mascagni abbiamo lavorato a stretto contatto per più di quindici anni, fino al 2010. Gli scritti che seguono sono presentati con il seguente ordine: prima gli articoli giornalistici su vari temi del periodo che va dal 1988 al 2004 poi quelli che hanno a che fare con la dottrina sociale della chiesa e di natura socio-politica. Seguono la pubblicazione di due (quella del 1997 e del 2002) delle sei relazioni che Filiberto, nelle vesti di Difensore civico, leggeva annualmente al Consiglio Comunale in modo da dare uno spaccato dell'impegno e per notare la notevole mole di lavoro che riuscì a sviluppare a servizio dei cittadini con il suo ufficio. Sono state omesse, perchè ripetitive nella forma e nella sostanza (cambiavano solo le pratiche) per non appesantire la lettura, le altre annate. Segue un'ampia riproduzione degli scritti della rubrica "Approfondiamo su...". La scelta ha privilegiato gli argomenti e la riflessione. Ma possiamo dire che solo una minima parte, legata a date e fatti contingenti, o temi riproposti a distanza di anni, sono state omessi. Per inquadrare meglio la vita e gli scritti di Filiberto, è stato proposto a due persone che l'hanno conosciuto da vicino, e con cui ha strettamente collaborato, Gualtiero Sollazzi e don Andrea Cristiani di ripercorre un tratto della sua figura e delle sue opere. Infine, per inquadrare il ruolo storico del Difensore civico è stato chiesto a Lucia Franchini, attuale Coordinatore nazionale dei Difensori civici delle Regioni e delle Province autonome e Difensore civico della Toscana, succeduta a Giorgio Morales (con cui per il lavoro di ufficio Filiberto si consultava), di contestualizzare la sua figura nel momento storico e in confronto alle altre esperienze regionali.

Renato Tozzi, gentleman della cucina italiana e ideatore della mostra mercato nazionale del tartufo

Per capire oggi, a distanza di tanti anni cos'è stata la cucina di Renato Tozzi e come aveva trasformato il Miravalle in un gioiello della gastronomia italiana, credo sia sufficiente cosa annotò il più grande giornalista italiano sul registro di sala dove i clienti potevano lasciare i commenti. "Vorrei saper scrivere come il Tozzi sa cucinare". Firmato Indro Montanelli Capodanno '66. Seguono tante altre firme. Gli fece eco alcuni mesi dopo il 4 giugno 1966 il sindaco di Milano, il "sanminiatese" Pietro Bucalossi: "Vorrei saper amministrare come il Tozzi sa cucinare".
Oppure quel "Penne mondiali e carrello poetico dei piatti di Tozzi io sono fanatico. Con molti complimenti per l'ospitalità e la buona cucina" firmato Giulio Bosetti, o il garbo con cui gli si rivolgeva il regista Ignazio Silone "Al signor Tozzi imploro comprensione per il chiasso e la confusione che la rappresentazione del mio lavoro ha portato nel suo dominio così bello". Una proposta gastronomica di alta qualità nella quale Tozzi aveva messo a regime in cucina tutta la potenzialità di un territorio proiettandolo in una dimensione internazionale. E quando si parla del tartufo, come il Re della tavola, credo sia indispensabile pensare a Lui come il vero Re della cucina e della cucina al tartufo.
"Caro Tozzi - scrive il 15 dicembre 1975 il delegato provinciale dell'Accademia Italiana della Cucina Luciano Chiti - la riunione conviviale che l'Accademia ha tenuto presso di Lei il giorno 6 scorso è stata l'unica classificata con il massimo punteggio, vale a dire 10. Con questo Le ho detto tutto perchè nessuno, in due anni di attività della delegazione, era riuscito a tanto. E' stata una "tartufata" indimenticabile!"bGiudizi e commenti da far impallidire gli chef stellati di oggi!
Per questi e per tanti altri motivi la cucina del Miravalle negli anni di Tozzi ha fatto la storia della gastronomia e la sua esperienza è da annoverare a pieno titolo in quel patrimonio da tenere caro per una città e per un territorio. Renato Tozzi si può considerare l'unico, vero e inarrivabile ambasciatore del tartufo delle Colline Sanminiatesi nel mondo e iniziatore del percorso di valorizzazione di San Miniato verso il turismo internazionale.
I suoi piatti e la sua opera, per chi ha avuto la fortuna di assaggiarli, vivono ancora nel ricordo come qualcosa di sublime e di inarrivabile.
A corredo della richiesta che l'Associazione Nazionale Città del Tartufo sta preparando per far inserire il tartufo tra i beni immateriali dell'Unesco c'è anche, in un ricordo della moglie Rosaura, quel Riso alla Miravalle (al tartufo) che lanciò la festa del tartufo nel 1969.
Ne percepiamo ancora il profumo avvolgente e il sapore sopraffino.

La festa del tartufo, un’idea oltre il proprio tempo
Ci voleva tutta la lungimiranza di una persona che conosceva e amava il proprio lavoro, con dedizione e competenza come è stato Renato Tozzi per immaginare, quando ancora non si parlava di tartufo e il pregiato fungo ipogeo prendeva la via dei commercianti di Alba, che quel frutto prezioso della terra avrebbe potuto essere volano di un territorio, quello delle Colline Sanminiatesi, e attrattiva gastronomica per migliaia e migliaia di visitatori e buongustai. Una scommessa vinta, iniziata per convinzione, non per caso, con la certezza che quel profumo sopraffino e quel gusto così delicato avrebbero conquistato i palati più esigenti e stimolato la fantasia degli chef. Pensare a tutto quello che rappresenta oggi la Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco, ci fa sembrare inverosimile che un giorno tutto questo non c'era. Ed ecco che è indispensabile tornare alle origini, quelle vere, tornare agli anni Sessanta, con i suoi personaggi, i suoi riti, le sue abitudini: una San Miniato molto diversa da come la conosciamo. A cento anni dalla nascita, la sua figura e la sua opera, per troppo tempo dimenticata, la riscopriamo viva, vera. Di certo ha un posto in quel "semenzaio di uomini illustri" che ha fatto la storia della città nei secoli. Il ricordo di Renato Tozzi non sia solo memoria ma anche esempio per i nostri giorni. Ce n'è davvero bisogno. Oggi più che mai.

RENATO TOZZI
- Nato a Londra il 30 giugno 1915, dopo aver lavorato per anni al Savoy, fatto esperienza e conosciuto la cucina internazionale, torna a Isola, una frazione di San Miniato. Nel 1962 rileva il ristorante Miravalle e lo trasforma in poco tempo in uno dei gioielli della gastronomia italiana facendo conoscere la città in tutto il mondo attraverso i suoi piatti. E’ grazie alla sua intuizione, dopo aver proposto piatti a base di Tartufo Bianco delle Colline Sanminiatesi che nasce nel 1969 la prima sagra del tartufo. Il Risotto alla Miravalle e il tacchino (o fagiano) tartufato conquistano riconoscimenti e premi all’Accademia della Cucina Italiana. Scriverà di lui Indro Montanelli: “Vorrei saper scrivere come il Tozzi sa cucinare”.

Liturgia e musica sacra nella diocesi di San Miniato prima e dopo il Concilio Vaticano II

E' con grande interesse e piacere che vedo la pubblicazione di questa importante opera riguardante la musica sacra nella diocesi di San Miniato. La vita liturgica diocesana, della quale l’apporto e il contributo musicale è decisivo e necessario, è caratterizzata nel nostro territorio da una ricca tradizione di arte e di persone. Momento nodale di questo percorso è il rinnovamento liturgico che ha preceduto il Concilio Vaticano II, la sua celebrazione e la sua realizzazione anche nella vita della nostra diocesi. Di tutto questo San Miniato è buona testimonianza di cammino ecclesiale e di una liturgia che sia lode a Dio e santificazione del Popolo santo di Dio. E’ nostra responsabilità custodire, promuovere e accompagnare questo ricco patrimonio della diocesi. Siamo anzitutto chiamati a vivere lo spirito del Concilio Vaticano II, ad attuarlo sempre con maggiore fedeltà nelle nostre Chiese, in particolare nell’ambito liturgico e quindi anche nella sua dimensione di musica sacra; è così che la liturgia esprime il volto della Chiesa. Questa opera è così espressione della custodia, promozione e accompagnamento di una dimensione significativa della liturgia, la musica sacra: un compito che è della Chiesa e di chi la accompagna con un servizio di Pastore e insieme è responsabilità anche di coloro che amano la liturgia, la musica sacra e con competenza la propongono come espressione viva della comunità dei credenti che loda il suo Signore. Accogliamo questo volume come un significativo contributo al cammino diocesano, in particolare nella sua dimensione liturgica, sulla strada della Chiesa del terzo millennio.

+ Andrea, vescovo


Sono lieto di presentare alla comunità diocesana il volume “Liturgia e musica sacra nella Diocesi di San Miniato prima e dopo il Concilio Vaticano II”, un testo brillante, frutto di un’appassionata ricerca e di un accurato studio di alcuni esperti, che sono riusciti davvero a mettere nel giusto risalto il lungo e complesso lavoro, compiuto dalla nostra Chiesa, nell’attuazione della riforma liturgico musicale, voluta e iniziata, nel 1903, dal Papa San Pio X col Motu Proprio “Tra le sollecitudini” e ampiamente rinnovata dal Concilio Vaticano II con la Costituzione “Sacrosanctum Concilium”.
Il testo, scritto a più mani, grazie agli interventi di mons. Franco Baggiani, del prof. Paolo Morelli, di mons. Luciano Niccolai, di Carlo Fermalvento, Gualtiero Sollazzi, Fabrizio Mandorlini e don Amedeo Deri, offre un interessante panoramica della vita liturgica e delle scelte musicali verificatesi nelle nostre parrocchie dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni. Nel libro è esposto in bella sintesi il magistero dei Vescovi diocesani, vengono descritte le celebrazioni dell’inizio del loro ministero episcopale, ben sottolineata è l’azione capillare da loro svolta per l’educazione al culto divino e per la formazione musicale sia degli aspiranti al sacerdozio sia del popolo cristiano. Viene pure segnalato il ruolo di mons. Cosimo Balducci, mons. Pietro Stacchini ed altri sacerdoti, veri antesignani della riforma liturgico musicale operata da Concilio Vaticano II, convinti com’erano di quanto affermerà in seguito la stessa Costituzione conciliare: “la liturgia è la prima e indispensabile sorgente dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano” (SC 14).
Per questi sacerdoti il canto in Chiesa non poteva ridursi ad un puro ornamento estetico o ad semplice accompagnamento, lasciato all’estro o all’arbitrio di qualsiasi musicista dilettante. Doveva essere parte indispensabile e integrante della solenne azione liturgica. La competenza musicale, infatti, posta al servizio della liturgia, costituiva (e tuttora costituisce) un valido aiuto per riflettere meglio sulla Parola di Dio ascoltata, dare vero splendore alle celebrazioni e rendere maggiore gloria al Signore.
Una menzione speciale è riservata, nel testo, al canto gregoriano, patrimonio prezioso da tener presente, anche in questa stagione postconciliare, e alle rassegne corali, indette in questi anni dalla Commissione diocesana di musica sacra nell’intento di valorizzare le “scholae cantorum”, stimolandole a diventare vere guide del canto di tutta l’assemblea.
Nel ringraziare di cuore coloro che hanno promosso questa ricerca storica, auguro che questo libro possa invogliare ogni parrocchia a dotarsi di cantori, organisti e maestri di coro, pienamente coscienti di quanto sia indispensabile e prezioso il servizio liturgico musicale per edificare e far crescere la comunità cristiana.

D. Morello Morelli

I caduti di Ponte a Elsa

Il libro è frutto della memoria, della storia, dell'amore per la Patria, della libertà... del "non dimenticare".... Come può esserci il futuro senza il passato?
Proprio grazie all'amore che nutriamo verso le nostre origini, la nostra storia, siamo qui oggi a raccontare, a ricordare per sempre...
Ponte a Elsa una comunità territorialmente divisa dal fiume Elsa, ormai confine, tra due comuni (San Miniato ed Empoli) e due province (Pisa e Firenze).
La storia non si apprende soltanto leggendo testi ma anche osservando le costruzioni, lo sviluppo urbano, il territorio e simboli che portano al ricordo e ai racconti.
L'attuale edificio di Via 2 Giugno, purtroppo da tempo in "degrado", noto a tutti come "ex Ufficio Postale" di Ponte a Elsa, ma che nella storia - all'indomani della Prima Guerra Mondiale – è stato Casa del Fascio, Casa del Popolo e Caserma dei Carabinieri, vede sulla propria facciata delle lapidi con dei nomi: i caduti nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale. La popolazione di Ponte a Elsa, con occhio vigile e amorevole, molto sensibile ai valori di Libertà e di Democrazia, ha notato il "rattristirsi delle lapidi" dando così l'input per cercare di valorizzare sempre più quelle persone che hanno donato la propria vita per il futuro. Così cinque anni fa un gruppo di paesani hanno iniziato a fare ricerche sui nominativi riportati sopra le lapidi, scoprendo che molti erano residenti dei comuni di San Miniato, di Empoli e di Livorno, giunti a Ponte a Elsa perché sfollati di guerra.
Sempre più sensibili ai valori della vita e per mantenere viva la memoria, gli abitanti di Ponte a Elsa, chiedevano di dare più decoro a tali lapidi. 
In seguito, il comitato Bruno Falaschi, sentita la volontà della popolazione, si è fatto portavoce per richiedere all'Amministrazione Comunale di San Miniato, di costruire un nuovo monumento da realizzare "nel centro" della frazione, ovvero, Piazza degli Alberi, oggi giardino pubblico con giochi per bambini. La luce che illumina il monumento è il simbolo del ricordo e della speranza per il futuro.
Comitato Bruno Falaschi Ponte a Elsa