Caccianello. Poesie in rima, considerazioni, satira e vernacolo catenese

Caccianello. Poesie in rima, considerazioni, satira e vernacolo catenese
Autore: Claudio Bianconi
Pagine 112

Fucecchio, il palio

a cura di Fabrizio Mandorlini
Pagine 160 - Euro 10

Fabio è nato

Autore: Stefano Vestrini
Pagine 80 - Euro 5

Montecatini Val di Cecina. Il monumento ai caduti di Ezio Ceccarelli

Autore: Fabrizio Rosticci
Comune di Montecatini Val di Cecina
Pagine 112

Trent'anni di Carnevale dei bambini a San Miniato Basso

Autore: Pier Luigi Lari
Pagine 160

Die Stadt des Turmes

San Miniato al Tedesco
Ein Vorschlag
Autore: Raffaella Mori - Lingua tedesca

Pozzi, fonti, cisterne e acquedotti

Pozzi, fonti, cisterne e acquedotti
L'approvvigionamento idrico a San Miniato
e nel suo territorio dal XVIII all'inizio del XX secolo
Autori: Delio Fiordispina - Manuela Parentini
Pagine 144 - Euro 10






Santa Croce sull'Arno, guida a un territorio e al suo lavoro.


Gli ozi di Fucecchio


Nel libro-testamento mons. Livio ringrazia i benefattori della sua vita
Presentazione postuma della pubblicazione di Mons. Livio Costagli “Gli ozi di Fucecchio” Sabato 14 aprile alle 16 a Santa Croce (sala parrocchiale)

SANTA CROCE SULL’ARNO – Ha visto la sua ultima pubblicazione pochi giorni prima di lasciare questa terra e, malgrado le sue precarie condizioni di salute ha chiesto di andare avanti e presentare il suo volume, secondo quanto stabilito, indipendentemente  da cosa potesse essergli capitato. Ecco che è affidato a “Gli Ozi di Fucecchio il “libro-testamento” di uomo e di sacerdote di mons. Livio Costagli. Una fatica letteraria durata più di un anno e a cui ha tenuto fino all’ultimo, di cui ha visto la luce che ha fortemente voluto per lasciare e che fa seguita ad un'altra pubblicazione di tre anni fa (ndr “La vita è bella, la vita del prete è più bella”). Si intitola “Gli ozi di Fucecchio” e ha come sottotitolo “I giorni di don Livio Costagli, prete, parroco, emerito e oltre...”, circa 176 pagine scritte da mons. Livio Costagli, per tanti anni proposto di Santa Croce sull’Arno. Lo scopo del libro? Ringraziare i benefattori della sua vita e riproporrre oggi fatti, eventi e persone che hanno fatto tanto del bene. Quale modo migliore per ricordare i 90 anni? Malgrado le non buone condizioni di salute mons. Costagli ha stilato il programma e lo ha reso noto ad ex parrocchiani, conoscenti e sacerdoti e ha chiesto che sia realizzato indipendentemente dalla sua presenza. Sabato 14 aprile alle ore 16 a SantaCroce sull’Arno presso la Sala Parrocchiale è prevista la presentazione del volume, mentre il giorno seguente la messa delle ore 10 in Collegiata a Santa Croce sarà la messa di ringraziamento in occasione dei suoi 90 anni. 90 anni che don Livio ha già compiuto lo scorso febbraio.
Il libro, pubblicato da Fm edizioni e con il coordinamento editoriale di Fabrizio Mandorlini, ha l’introduzione firmata da don Luciano Marrucci che scrive: “… don Livio, giunto al vespro della sua giornata terrena, torna sulla riva dove la risacca dei ricordi gli rimanda la memoria di parole, di gesti e di episodi dell'infanzia, della giovinezza e ancora più della vita trascorsa ad Orentano e a Santa Croce. Riflessioni, nostalgie senza malinconie anche se traspare a volte il rimpianto per non poter stringere ancora ciò che mani stanche hanno dovuto abbandonare”.
Ha scritto don Livio: “Dal primo otttobre 2005 sono diventato parroco emerito della parrocchia di San Lorenzo Martire in Santa Croce, ho lasciato la casa canonica di via Ciabattini 6, e sono andato ad abitare a Fucecchio in via Provinciale Fiorentina 102 con mia sorella Armida, assistita con tanto amore dalla nipote Annunziata Costagli.  Che fare? Trovandomi di punto in bianco senza impegni di orari e di doveri diretti nei riguadi della parrocchia, ho chiesto al nuovo parroco di San Lorenzo in Santa Croce di poter concelebrare la S.Messa in quella parrocchia, dove per 42 anni ero stato parroco e gentilmente mi è stato concesso.
Il vescovo mi ha nominato Canonico della Cattedrale, ma date le mie condizioni di salute mi ha dispensato dal partecipare agli impegni inerenti alla nuova nomina. La mia giornata di Parroco emerito sarà contrassegnata dalla S.Messa, dalla visita a Gesù sacramentato, dalla recita del breviario e del santo Rosario e dalla preghiera personale.
Ho riletto intanto tutti i documenti del Concilio, sto leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica e il libro di Joseph Ratzinger su Gesù, ho riguardato più volte il mio libro “La vita è bella, la vita del prete è più bella”, accorgendomi che, per varie cause, fu scritto un po’ in fretta. Con questo nuovo libro ho intenzione di rivedere e di completare quello che nel primo libro è stato omesso cambiando però la prospettiva. Per documentarmi mi sono avvalso di alcuni quaderni di memorie precedenti la mia ordinazione sacerdotale e in particolare dei cinque volumi del Bollettino Parrocchiale “Santa Croce”. Da questi volumi e da queste memorie, come da “palo in frasca” ho preso quello che ho creduto più interessante. Dopo aver catalogato per argomento gli articoli che ritenevo meritevoli, ho dato un ordine logico ai capitoli, secondo quelle che mi sembravano le priorità.
Rileggendo e scorrendo tutte quelle pagine mi è sembrato di rivivere di nuovo, tutto d’un fiato, i tanti momenti belli e le tante emozioni da me vissute. Emozioni che non sono solo mie, ma di tutta la comunità santacrocese, molti dei quali hanno segnato la storia recente di questa amata parrocchia e cittadina. Sono scorsi davanti ai miei occhi tanti volti di persone che hanno fatto del bene, tante situazioni che, giorno dopo giorno, hanno fatto crescere Santa Croce sull’Arno e di cui sono stato per tanti anni testimone”.
“Ci sarebbe tanto ancora che meriterebbe di essere ricordato, - conclude don Livio - spero apprezzerete questa mia umile ricerca che non ha alcuna pretesa, se non quella di utilizzare il mio tempo, il mio “ozio”, in qualcosa che possa essere utile per me come per tutti voi”.






In un primo tempo questo titolo non mi era sembrato appropriato, lo confesso. Nel secondo libro delle guerre puniche Tito Livio (un omonimo, in fondo) ha reso celebre questa dizione: gli ozi di Capua.
Annibale dopo la grande vittoria riportata a Canne, invece di dirigersi verso Roma commise l'errore di portare il suo esercito a Capua. Fu il dolce far niente che fiaccò definitivamente il corpo e lo spirito di quei guerrieri giudicati fino ad allora invincibili… Invece se c'è una cosa che non appartiene a don Livio Costagli è proprio l'ozio.
Solerte pastore di anime a Orentano e a Santa Croce, ha profuso energie nella edificazione spirituale e materiale della casa di Dio fra gli uomini; con zelo incessante, per non dire febbrile; tuttora si rende presente a qualsiasi incontro diocesano, facendo sentire la sua voce vibrante interpretata da tutti come una testimonianza attiva e costruttiva. E’ chiaro: gli ozi di Fucecchio non hanno a che vedere con gli ozi di Capua…
Credo proprio che l'autore si sia ispirato proprio alla concezione che avevano i Romani su come poteva essere divisa la giornata: i patrizi romani la ripartivano così: “Otia et Negotia” (nego otium). Con questa seconda locuzione indicavano la fase in cui ci si occupava di affari, e di qualunque attività collegata alla pecunia e al risultato pratico. "Otia" segnava invece la fase in cui il cittadino si volgeva ad "interessi disinteressati: conversari, scambi culturali, riflessioni sul passato ed anche progettazioni sul futuro. Quindi gli "Otia" corrispondevano al momento creativo, rispetto ai "Negotia" nei quali l'individuo operava per un tornaconto personale.
Così don Livio, giunto al vespro della sua giornata terrena, torna sulla riva dove la risacca dei ricordi gli rimanda la memoria di parole, di gesti e di episodi dell'infanzia, della giovinezza e ancora più della vita trascorsa ad Orentano e a Santa Croce. Riflessioni, nostalgie senza malinconie anche se traspare a volte il rimpianto per non poter stringere ancora ciò che mani stanche hanno dovuto abbandonare.
Con questo libro l'autore dà compimento al disegno già tratteggiato ne "La vita è bella, la vita del prete è più bella". Una testimonianza che, oltre a definire un profilo, consegna il racconto di una vita. Quella di un fanciullo cresciuto nella campagna di Bucciano, spiga della nostra terra, quasi primizia dei nostri campi da riservare al Signore. Così accadde a Samuele; anche la sua lampada è ancora accesa.
Don Luciano Marrucci


INTRODUZIONE

Dal primo otttobre 2005 sono diventato parroco emerito della parrocchia di San Lorenzo Martire in Santa Croce, ho lasciato la casa canonica di via Ciabattini 6, e sono andato ad abitare a Fucecchio in via Provinciale Fiorentina 102 con mia sorella Armida, assistita con tanto amore dalla nipote Annunziata Costagli.
Che fare? Trovandomi di punto in bianco senza impegni di orari e di doveri diretti nei riguadi della parrocchia, ho chiesto al nuovo parroco di San Lorenzo in Santa Croce di poter concelebrare la S.Messa in quella parrocchia, dove per 42 anni ero stato parroco e gentilmente mi è stato concesso.
Il vescovo mi ha nominato Canonico della Cattedrale, ma date le mie condizioni di salute mi ha dispensato dal partecipare agli impegni inerenti alla nuova nomina. La mia giornata di Parroco emerito sarà contrassegnata dalla S.Messa, dalla visita a Gesù sacramentato, dalla recita del breviario e del santo Rosario e dalla preghiera personale.
Ho riletto intanto tutti i documenti del Concilio, sto leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica e il libro di Joseph Ratzinger su Gesù, ho riguardato più volte il mio libro “La vita è bella, la vita del prete è più bella”, accorgendomi che, per varie cause, fu scritto un po’ in fretta. Con questo nuovo libro ho intenzione di rivedere e di completare quello che nel primo libro è stato omesso cambiando però la prospettiva. Per documentarmi mi sono avvalso di alcuni quaderni di memorie precedenti la mia ordinazione sacerdotale e in particolare dei cinque volumi del Bollettino Parrocchiale “Santa Croce”. Da questi volumi e da queste memorie, come da “palo in frasca” ho preso quello che ho creduto più interessante. Dopo aver catalogato per argomento gli articoli che ritenevo meritevoli, ho dato un ordine logico ai capitoli, secondo quelle che mi sembravano le priorità.
Rileggendo e scorrendo tutte quelle pagine mi è sembrato di rivivere di nuovo, tutto d’un fiato, i tanti momenti belli e le tante emozioni da me vissute. Emozioni che non sono solo mie, ma di tutta la comunità santacrocese, molti dei quali hanno segnato la storia recente di questa amata parrocchia e cittadina. Sono scorsi davanti ai miei occhi tanti volti di persone che hanno fatto del bene, tante situazioni che, giorno dopo giorno, hanno fatto crescere Santa Croce sull’Arno e di cui sono stato per tanti anni testimone.
Ci sarebbe tanto ancora che meriterebbe di essere ricordato, spero apprezzerete questa mia umile ricerca che non ha alcuna pretesa, se non quella di utilizzare il mio tempo, il mio “ozio”, in qualcosa che possa essere utile per me come per tutti voi. Buona lettura.

don Livio 

Il Baule

Autore: Enzo Cintelli

Lettere dal carcere. I partigiani di San Miniato Basso

Autore: Giulio Scali



A cura di Enzo Cintelli e Miriano Rossi

Dall'Isola a San Miniato nel ricordo e nelle illustrazioni di Sauro Mori

 
NOTA INTRODUTTIVA DELL’AUTORE SAURO MORI
Fin da ragazzo sono stato attratto da tutte le forme espressive cosicché, oltre che a dipingere e ad ascoltare musica, ho provato piacere anche a scrivere.
Ricordo le prime pagine buttate giù da adolescente, quasi di nascosto e delle quali ho provato ben presto un’ingiustificata vergogna, al punto tale di arrivare a strapparle.
Ho continuato però a scrivere, non credo per diletto, ma per necessità; infatti, prima di prendere la penna, sento che nel mio animo si addensano nubi cariche di sentimenti e di umori, che si scaricano poi necessariamente in un temporale. Le parole scrosciano sul foglio in maniera immediata, spontanea, rapida, confusa e disordinata.
Col passare degli anni mi sono accorto di aver raccolto una certa quantità di materiale, per cui mi son detto: - "Che farne? Gettarlo mi dispiace e lasciarlo chiuso in un cassetto non ha senso" - . Ho concluso quindi di tentare una pubblicazioncella, temeraria per un verso, senza pretese per un altro.

PRESENTAZIONE DI SAURO MORI 
Sono nato il 10 maggio del 1946 a Isola, in una casetta vicina al fiume Elsa.
Mio padre, sposatosi alla fine della seconda guerra mondiale, abitava già lì coi suoi genitori e lavorava come sarto a San Miniato.
Sono nato in casa con l’aiuto della levatrice, secondo l’uso del tempo e mi è stato detto che, appena nato, sono stato messo fuori dalla finestra per essere mostrato ai parenti che attendevano nella strada. Ero piuttosto grosso e sembra che le prime parole usate per definirmi siano state: - <<E’ nato un barrocciaio!>>.
Sono stato battezzato nella chiesa parrocchiale e Don Aldo Stacchini, che pare si dilettasse a dipingere - come ho saputo più tardi – mi mise il sale sulle labbra. Ho ricevuto il nome di Sauro Antonio in ricordo del nonno paterno, nato il 10 maggio 1846, precisamente cento anni prima di me.
A quaranta giorni di vita presi una brutta tosse, la cosiddetta “canina” e, poiché smisi di succhiare il latte, rischiai di morire. Ebbi la fortuna di essere curato dal Professor Fiore, che villeggiava a S. Miniato e che si rese conto della grave situazione. Guarii grazie ad iniezioni del sangue di mia madre, che aveva avuto la medesima malattia e che mi fornì gli anticorpi utili a vincere la tosse.
Pian piano ripresi appetito e colorito.
Sarei potuto diventare un angioletto; invece dovevo continuare a vivere.



La "mia" Firenze


San Miniato. Il piacere di vivere nel cuore della Toscana


Oro bianco. Il tartufo di San Miniato


Ponte a Egola. Il palio del Cuoio


Frammenti da una guerra. Montecatini val di Cecina: dalla guerra alla Repubblica

Autore: Renzo Rossi
Pagine 392, ricco corredo fotografico d'epoca

Nota introduttiva
Montecatini Val di Cecina è senza dubbio uno dei Comuni della provincia dove la memoria si tramanda e se ne fa patrimonio per la costruzione del futuro.
Renzo Rossi, ricostruisce non solo fatti ed episodi di una Montecatini che non c’è più, riconsegnandoci un patrimonio fatto di persone, di vissuto e di usanze che sono le radici di una comunità, ma ci dà una testimonianza articolata, e ci ripropone anche come ogni Anniversario della Liberazione sia una data da ricordare e da celebrare, da riproporre alle generazioni successive affinchè in ogni tempo si riconosca il valore della libertà e non si dimentichi la memoria di chi per la libertà ha dato la propria vita. 
Per chi come me ha avuto modo di conoscere direttamente o indirettamente durante la mia esperienza amministrativa nel Comune di Montecatini Val di Cecina, persone ed avvenimenti di cui si parla nel volume, questo scritto è motivo di arricchimento, un modus operandi da prendere come esempio e tante di quelle esperienze vissute fanno a pieno titolo parte di me.
In occasione della giornata della memoria celebrata il 27 gennaio 2006 proprio a Montecatini Val di Cecina, in qualità di Presidente della Provincia di Pisa, ebbi a dire che “ricordare”, “fare memoria”, non significa voltarsi indietro per allontanare definitivamente quei “fatti”, bensì è l’esercizio indispensabile di un popolo che non vuol ripetere certi errori e certe nefandezze. 
“Fare memoria” significa anche capire la dinamica della storia, cercare di comprendere perché certe cose sono avvenute, perché una parte dell’umanità ha dovuto conoscere i campi di sterminio, l’olocausto, la shoa”.
Il grande scrittore Primo Levi, nel suo romanzo “Se questo è un uomo”, sostiene che si devono comprendere queste cose per evitare che si ripetano.
Ma per comprendere bisogna fare anche un po’ di fatica, dobbiamo scrollarci di dosso quella “riluttanza” che per anni ha impedito di parlare di questi avvenimenti in modo pieno e approfondito.
Credo che il tempo sia maturo per una lettura, prendendo esempio dal lavoro di Renzo Rossi, per una più ampia riflessione sul dramma del conflitto, ma anche per una più piena comprensione della nostra convivenza democratica e repubblicana. 
Andrea Pieroni 






Bruno Falaschi. Antifascista, partigiano, sindaco di San Miniato

Autore: Alberto Cioni
Ricerche storico archivistiche di Laura Guiducci
A Cura del comitato "Bruno Falaschi" - Ponte a Elsa
Pagine 256

Ciao, Primo. Storia di un padre amico

Autore: Carlo Brogi

La mia vita da militante

Autore: Abdon Mori

Il prete che non porse l'altra guancia

Autore: Giuliano Ugolini

La mia San Donato. Cenni storici del tempo che fu



Autore: Corrado Melani

Diciotto anni insieme. Andrea Cristiani parroco di San Miniato

Cigoli. Un secolo in bianco e nero


La Valdegola. Un secolo in bianco e nero


Pino di Ponte a Elsa. Un secolo in bianco e nero


San Miniato Basso. Un secolo in bianco e nero. (vol.2)


San Miniato Basso. Un secolo in bianco e nero (vol.1)


Super Tuscany. Viaggio nella Toscana che cambia

Autore: Pier Paolo Tognocchi
Pagine 160

All'ombra del campanile. Ricordi di un ragazzo del campino

Autore: Marzio Gabbanini
Pagine 96 - Euro 5

Radici contadine. Racconti di vita di Maresco Martini


Autore: Maresco Martini, Pagine 136 - Euro 8

Prefazione di Francesca Pinochi
Maresco Martini prosegue il suo cammino, senza interruzione e senza sosta. Un viaggio con la capacità di riscriversi come il mutare delle stagioni. Protagoniste sono ancora loro: le campagne, le valli e le colline che appartengono al cuore di un uomo che ama definirsi “ un incisore del globo”.
Ci scruta dall’alto delle sue albe e scuote la testa, non capisce l’ intromissione di tutto quel cemento che ha fatto spreco della bellezza. Come un bravo artigiano, preciso e attento, ci aiuta a ristabilire un dialogo con la natura. Una natura tra il vivere e il sopravvivere degli anni 50 per spingersi fino alle attuali considerazioni tra passato e presente avvenute con l’industrializzazione.
Questo libro è un cerchio che si chiude non sull’abbandono delle campagne ma sul recupero dei luoghi attraverso il giudizio di chi realmente li ha vissuti perché Maresco è soprattutto un contadino, ci offre il suo vissuto per lasciare una traccia di storia, un ricordo di tutti coloro che hanno lavorato la terra. Racconta le sue vicende attraverso eventi piacevoli, divertenti ma anche tragici e ci rende partecipi di una grande ricchezza culturale.
Un contatto che ancora mantiene vivo ripercorrendo quei sentieri e calpestando quella terra e traducendoli in una esperienza che ci dimostra come, nonostante i cambiamenti, la natura riesca a conservare la magia delle origini.
Camminare è raccontare, raccontare è rivivere, riscoprire angoli incontaminati ai quali Maresco è ancora legato e che conosce a fondo. Autentico, genuino questo libro ci prende per mano e ci porta alla scoperta di paesaggi che sono solo nascosti agli occhi inesperti di chi guarda e non osserva. Ci aiuta a comprenderli, a trarre gli insegnamenti delle stagioni, delle albe, dei camini accesi. Le riflessioni allo spuntare del sole e le veglie prima del tramonto. Le vicende vissute da ragazzino e trasformate in regole di vita.L l’orgoglio di un uomo che attraverso semplici parole riesce ancora a raccontare di una natura a volta amica talvolta nemica.
Ci sorprende poi con una storia, anche questa vera, che appare quasi un romanzo. Un altro insegnamento che si spende tra coraggio e fermezza dove le alternative erano poche e una decisione poteva rappresentare la chiave di volta nel bene e nel male. Un intreccio straordinario di destini, di fatalità, di curiose coincidenze.
Con questo libro Maresco sceglie il piacere della conquista, quella della memoria che grazie a lui non andrà dispersa. Con la dovuta pazienza, senza fretta, ci suggerisce come e dove guardare. Dalla descrizione alla realtà il passo è breve: vivere l’ambiente che ci circonda nel rispetto più assoluto, seguendone l’espressione più semplice, condividendola.            

Siamo nuvole nere... che diventano pioggia, il diario di Spartaco Carli

LA STRAGE DI CEFALONIA
Cronologia di Riccardo Cardellicchio

Stando agli esperti, Cefalonia sarebbe qualcosa di più di un’isola buona per il turismo naturale e culturale. Sarebbe la terra di Ulisse. Al posto di Itaca, insomma.
Ma i soldati italiani, in quel settembre del 1943, hanno altro cui pensare.
L’8 settembre, l’armistizio unilaterale, inaspettato, li ha posti in una situazione delicata. Ora hanno a che fare con l’ultimatum dei tedeschi: o con noi o contro di noi. Non ci sono scappatoie. Non possono esserci.
Dall’altra parte, devono vedersela con i patrioti greci. Li martellano con volantini che ripetono: “Soldati italiani! E’ giunta l’ora di combattere contro i tedeschi! I patrioti ellenici sono al vostro fianco. Viva l’Italia libera!| Viva la Grecia libera!”. Parole che, in seguito, risulteranno non vere: nessun aiuto, infatti, arriverà loro dai greci.
*
Le isole di Cefalonia, Corfù e Zante sono state ritenute “strategicamente molto importanti” con la decisione di Mussolini d’invadere la Grecia, per sottomettere i Balcani. Avrebbe voluto fare tutto da solo. Ma, per costringere la Grecia alla resa,  gli ci è voluto l’aiuto dei tedeschi.
Agli italiani è stato dato il controllo delle isole. Però sotto l’occhio vigile dell’alleato, che si è piazzato ovunque. Al meglio..
Gli italiani sono presenti con il 17°, 18° e il 317° reggimento fanteria e il 33° reggimento artiglieria della 33a Divisione fanteria “Acqui”, al comando del generale Antonio Gandin ;  la 2° Compagnia del 7° Battaglione carabinieri mobilitato; la 27° Sezione mista carabinieri; reparti del 1° Battaglione finanzieri mobilitato; marinai addetti alla batterie costiere;  l’11° Battaglione mitraglieri di corpo d’armata; il 188° Gruppo artiglieria di corpo d’armata; il 3° Gruppo contraereo, e tre ospedali da campo. Qualcosa come dodicimila uomini.
*
L’8 settembre qualcuno si è stupito, altri hanno fatto salti di gioia, certi della fine della guerra.
Alle 21.30, il generale Vecchierelli, comandante dell’11° armata, ha inviato un messaggio al generale Gandin: “Seguito conclusione armistizio, truppe italiane 11° armata seguiranno seguente linea condotta: Se tedeschi non faranno atti di violenza armata, italiani non, dico non, faranno causa comune con ribelli né con truppe anglo-americane che sbarcassero. Reagiranno con forza a ogni violenza armata. Ognuno rimanga al suo posto con i compiti attuali. Sia mantenuta con ogni mezzo disciplina esemplare”.
*
Alle 9 del  giorno 9, il tenente colonnello tedesco Barge si presenta al generale Gandin. Gli dice che anche lui ha ricevuto il messaggio da parte del generale Vecchierelli e chiede il rispetto delle disposizioni. Non hanno altro da dirsi, i due.  Gandin sa che i tedeschi, all’alba, hanno cercato di conquistare posizioni strategiche, ma gli italiani glielo hanno impedito.
Alle 9.50, arriva un altro messaggio, che stupisce. I presidi costieri, a partire da mezzogiorno, vanno ceduti ai tedeschi. Con tanto di armi collettive, le artiglierie e le relative munizioni. L’operazione non deve andare oltre le 10 del giorno dopo.

*
Il giorno dopo la notizia è sulla bocca di tutti. Gli ufficiali dicono la loro. C’è chi si scaglia contro i tedeschi e chi invece li difende e sostiene che è un dovere continuare a combattere al loro fianco. Dagli ufficiali la discussione passa ai soldati. Le posizioni divergono. Non pochi ritengono arrivato il momento d’unirsi ai patrioti locali. Ma c’è anche chi giudica impresa insostenibile la resistenza.
Mentre si discute, il sergente Baldessari arriva con la notizia che i tedeschi hanno catturato l’intero presidio di Santa Maura. Non basta: il comandante, colonnello Ottalevi, e due ufficiali sono stati ammazzati. I tedeschi hanno preteso la consegna anche delle armi individuali.
Gli ufficiali Ambrosini, Apollonio e Pampaloni , del 33° reggimento artiglieria, e i marinai, con il capitano di fregata Mastrangelo e gli ufficiali, sono i più accaniti contro i tedeschi e non si fidano del generale Gandin. Ricordano che sono stati i tedeschi a insignirlo della croce di ferro per il suo comportamento nella Campagna di Russia. Gandin, da parte sua, valuta la situazione con prudenza.  Non c’è da sperare in un aiuto esterno e i tedeschi sono in grado, nel giro di poche ore, di sopraffarli numericamente. Hanno trecentomila uomini tra Epiro e Jugoslavia, senza contare gli aerei.
Tutto questo lo porta a propendere per trattare una resa onorevole. Comunque, decide di sentire il parere degli ufficiali dello Stato maggiore e i comandanti di reggimento.
I più sono per la consegna delle armi.
Intanto il comando tedesco ha ricevuto un dispaccio, che parla chiaro. In caso di resistenza, dare ultimatum a breve scadenza. Gli ufficiali, che non abbiano dato l’ordine di consegna delle armi, devono essere fucilati.
*
L’ultimatum, firmato dal tenente colonnello Barge, ha nove punti. Pretende il disarmo totale della divisione. E deve avvenire nella piazza principale di Argostoli, davanti agli abitanti. Ai quali gli italiani non devono consegnare alcun tipo di materiale. In caso di sabotaggi e violenze nei confronti dei tedeschi, ci saranno interventi senza riguardo. Agli ufficiali e ai soldati disarmati viene promesso un trattamento cavalleresco.
Gandin è impressionato, ma non china la testa.  Con una lettera, chiede chiarimenti. Precisa che il tempo a disposizione è poco.
Nello stesso tempo,  l’artiglieria e i marinai si rifiutano d’accettare l’ultimatum e mettono insieme un piano d’azione contro i tedeschi. Poi cercano contatti con i patrioti greci.
Il tenente colonnello Barge risponde alla lettera di Gandin con una sola concessione. Le armi vengano consegnate fuori Argostoli, senza intervento della popolazione.
A un’ora imprecisata (le versioni contrastano), il generale Rossi, vice del generale Ambrosio, capo di stato maggiore, invierebbe il radiomessaggio: “Considerare le truppe tedesche nemiche”.
Nel pomeriggio, alle 17, il generale Gandin incontra i sette cappellani della Divisione. Chiede: “Che devo fare?”.
Uno risponde: “Non bisogna cedere”. Gli altri sono di diverso avviso: “Le armi vanno cedute”.
Mezz’ora dopo il generale Gandin è con il tenente colonnello Barge. “Chiedo tempo fino all’alba”. Per dimostrare che non bluffa, promette di ritirare i reparti appostati sulle alture di Kardakata. Il che può consentire ai tedeschi di sbarcare i rinforzi senza problemi.
*
Il giorno dopo, il 12, arriva l’ordine che il II battaglione del 317° deve lasciare Razata. Numerosi soldati la prendono male. Incrociano le braccia. Si rifiutano di caricare  mitragliatrici e munizioni. Arriva il comandante del battaglione, il maggiore Fanucchi. Che non viene accolto bene. Una fucilata lo prende di striscio a un braccio. Fatto grave. Inaspettato. Però serve a far rientrare la protesta.
La situazione è confusa. La Marina si mette in contatto, via radio, con le forze alleate, che sono a Malta. Il capitano Gazzetti viene ammazzato dai tedeschi perché ha detto no al sequestro del camion su cui sono suore, marinai e armi. Barge parla di nuovo con Gandin. I tedeschi fanno prigionieri gli italiani addetti alle batterie costiere.   Il tenente colonnello Fioretti si rivolge, severo, a gli ufficiali Amos Pampaloni e Renzo Apollonio. Urla: “Siete qui come comandanti di reparto o come capibanda?” I due non vedono l’ora di scagliarsi contro i tedeschi. Un carabiniere lancia una bomba a mano contro l’auto del generale Gandin. Fortuna che non esplode.
*
Alle 2 del  giorno 13. Il tenente colonnello Siervo raggiunge Pampaloni. Gli dice: “Il vostro battaglione, su ordine di Gandin, deve sistemarsi al cimitero di Argostoli”.
“Si lasciano scoperte le tre batterie che presidiano il porto. Non mi sembra una bella mossa. Vi prego di far revocare l’ordine”, replica Pampaloni. Ma Siervo non gli dà ascolto.
Alle 6, aerei tedeschi prendono di mira i piroscafi italiani ch si sono mossi da Patrasso. Alla stessa ora, ad Argostoli, Apollonio è svegliato da Pampaloni. Gli dice: “Due motozattere tedesche, piene di uomini e mezzi, stanno per attraccare non lontano dal comando di divisione”. Apollonio allerta Ambrosini,  capo delle batterie. Appena sono a tiro, sparano contro le due imbarcazioni. Una affonda, l’altra riesce ad attraccare. I tedeschi reagiscono. Interviene Barge, ordinando ai suoi il cessate il fuoco. Poi contatta Gandin. Gli chiede di fare lo stesso. Gandin acconsente e incarica il capitano Postal di trasmettere l’ordine, quelli della 5a batteria rispondono picche. Non accettano ordini da traditori. Loro rispondono soltanto ad Apollonio. Pascal lo raggiunge. Apollonio reagisce: “Non è vero, i tedeschi stanno sparando”.
Postal scuote la testa: “Questione di minuti”.
“Va bene, si smette dopo che hanno smesso loro”.
Postal s’arrabbia: “Qui va a finire male”.
Tedeschi e italiani cessano di sparare. I tedeschi contano cinque morti e otto feriti. Gli italiani, un ferito grave.
I tedeschi cercano d’ammorbidire l’ambiente. Lo fanno  in maniera maldestra. Dicono: “Cedete le armi, concentratevi nei porti di Sami e di Poros, e vi riportiamo tutti i patria”. Per tutta risposta, altri ufficiali si schierano contro l’ex alleato. Gan din, prudente, fa diffondere un suo messaggio: “Comunico che sono in corso  trattative con rappresentanti il Comando supremo tedesco allo scopo di ottenere che alla Divisione vengano lasciate le armi e le relative munizioni”.
Il generale Lanz è di tutt’altro avviso. Per lui, chi resiste va fucilato. E  se le armi non vengono cedute, ci penseranno le forze armate tedesche a prenderle con la forza. Per lui la Divisione, sparando contro truppe e navi tedesche, ha compiuto un aperto ed evidente atto d’ostilità.
I tedeschi, nella piazza Valianos di Argostoli, provocano ammainando la bandiera italiana. La reazione degli italiani àè immediata. Il tricolore torna al suo posto. I tedeschi se ne vanno, disarmati. I tedeschi tentano di sbarcare a Corfù .Vengono respinti.  Ambrosini, Apollonio e Pampaloni sono convocati da Gandin. Ghezzi, il vice, rivolto a Pampaloni quasi urla: “Sei una testa calda”.
Pampalloni replica: “Le truppe parlano di tradimento da parte del comando di Divisione. Fate voi”.
La notizia impressione Gandin e Ghezzi. E’, a questo punto, che indicono un referendum /c’è chi mette in dubbio che sia avvenuto) tra i soldati. Viene fuori che la maggior parte non ha un briciolo di fiducia nell’ex alleato. Gandin comunica il risultato ai tedeschi. E’ il giorno 14.
Il tenente colonnello Barge dice ai suoi di stare pronti: da un momento all’altro può venire l’ordine d’attaccare gli italiani. Intanto, sull’isola arrivano altri – numerosi – tedeschi. Gli italiani sono soli. Nessuno che pensi d’aiutarli..
*
Il giorno 15, i tedeschi occupano postazioni strategiche. Ma gli italiani non si arrendono. Anzi. Il 33° Reggimento d’artiglieria e le batterie della Marina si distinguono. Peccato che abbiano poche munizioni. Nei combattimenti, l’esercito italiano perde 1.300 uomini.
Il 22 settembre, il generale Gandin convoca un nuovo consiglio di guerra. Dice: “Conviene arrendersi. Siamo inferiori numericamente e manchiamo di munizioni”. La situazione è drammatica. Le perdite sono rilevanti.  La maggioranza è d’accordo.. Allora qualcuno prende una tovaglia bianca e la espone sul terrazzo del comando.
Sbaglia chi si aspetta un trattamento umano. Hitler in persona ordina la fucilazione degli italiani. Dice: “Sono traditori”.
Rastrellamenti e fucilazioni vanno avanti fino al 28 settembre. Non si salva neanche il generale Gandin.
Compiuta la carneficina, si provvede a bruciare i corpi e a gettare in mare i resti. Altri vengono sepolti malamente. I superstiti sono imbarcati su navi. La loro destinazione sono i lager di Germania, Polonia e Unione Sovietica. Ma due navi finiscono in zone minate e affondano. E una terza, la “Rosselli”, entra nel mirino degli aerei alleati, che non sanno del carico., e cola a picco. Altri, a migliaia, vengono internati. Pochi faranno ritorno.
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Le cifre sulle perdite degli italiani divergono. L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia parla di quasi diecimila vittime: 390 ufficiali e 9.500 soldati. Alfio Caruso, in “Italiani dovete morire”, di 1.300 morti nei combattimenti, 5.000 fucilati e 3.000 scomparsi in mare. Arrigo Petacco: 400 ufficiali, 5.000 soldati e 2.000 morti in mare. Sopravvissuti meno di 4.000.
A Cefalonia, tra ufficiali e soldati erano quasi dodicimila.
Non andò meglio a Corfù, Zacinto e Sant Maura (Leucade). Gli italiani, senza più munizioni, si arresero il 26 settembre. Il comandante, colonnello Lusignani, venne fucilati con ventotto ufficiali.
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Testimonianze. Mariano Barletta: “Alla sventagliata della mitragliatrice seguì un profondo silenzio. Ero disteso con la gamba destra allungata, la sinistra leggermente piegata nel ginocchio, le braccia in lieve arco intorno alla testa e le mani come rattrappite; trattenendo il respiro, quasi reprimendo i battiti del cuore, procuravo che ogni cosa avesse in me l’aspetto dell’abbandono esamine della morte. Attraverso le palpebre socchiuse nulla potevo vedere oltre kil palmo di terriccio a contatto del viso, né percepivo voci o rumori: unico segno di vita il monotono frinire delle cicale”.
Nicola Russigno: “Quando lo racconto, non mi credono. Eppure a Cefalonia, nel settembre del 1943, c’erano i miei colleghi ufficiali che si offrivano volontari per la fucilazione. ‘Vado io, così la facciamo finita’. C’era quasi una gara per andare prima degli altri davanti al plotone. Ecco, se si capisce unma cosa come questa, si può comprendere cosa sia stata la tragedia di Cefalonia”. E aggiunge: “C’era il prete, don Formato, con la croce in mano che confessava e benediceva. Ci orendevano quattro alla volta, ci portavano sull’ortlo di un fosso e sparavano. Così i corpi sparivano. Io mi sono salvato perché ero nell’ultimo gruppo. Avevo già dato la fotografia a  don Formato, perché la mandasse a mio padre. A un certo opunto, il prete si è messo a geridare: ‘Basta, soldati tedeschi. Ne avete ammazzati abbastanza. State fucilando da questa mattina. Salvate almeno questi jultimi’. E così ci hanno tenuti come prigionieri”.
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La polemica. Paolo Deeotto, in “Ecco la verità sulla strage di Cefalonia, afferma: “I morti di Cefalonia pesano su diverse coscienze: sul governo italiano, che emanò un ordine di resistenza (quello del 13 settembre) senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze. Sugli alleati, che cinicamente lasciarono massacrare i soldati italiani,, non solo non muovendo, loro stessi, un dito, ma bloccando l’unica iniziativa di soccorso, quella organizzata dal contrammiraglio Galati. Su re, su Badoglio, sul generale Roatta, capo di stato maggiore, su quanti il 9 settembre pensarono così precipitosamente a mettersi al sicuro da scordarsi che da loro dipendevano centinaia di migliaia di uomini, poco armati materialmente e moralmente, in balia di un alleato (non ancora ex), che non aveva mai dato prova di particolare dolcezza e remissività”.
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Il 1* marzo 1953, Luigi Einaudi, allora presidente della Repubblica, riceve i resti recuperati di alcuni soldati.
Nell’ottobre 1956, la strage viene insabbiata in nome della ragion di Stato. Gaetano Martino, liberale, ministro degli Esteri, propone al democristiano Paolo Emilio Taviani, ministro della Difesa, di affossare ogni percorso di giustizia, in none della rinascita dell’esercito tedesco, necessario alla Nato, in contrapposizione all’Unione Sovietica.. Taviani accetta. E la giustizia viene sepolta..

Il 1° marzo 2001, Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della Repubblica, visita Cefalonia e, nel suo discorso, afferma che la scelta consapevole della Divisione Aqui fu il primo atto della Resistenza, di un’Italia libera dal fascismo.

Momenti della presentazione del libro


San Miniato 150. Un anno tricolore sotto la rocca nell'anniversario dell'Unità d'Italia



I' Giglio - Un quarto di secolo di pallavolo femminile a Castelfiorentino


Una parola per la vita. Stop alla pena di morte


Antonio Lo Iacono, Psicologo del Lavoro, Psicoterapeuta, Direttore Istituto di Psicoterapia
PSICOUMANITAS www.psicoumanitas.it , Presidente della Società Italiana di Psicologia (SIPs), www.sips.it, dirigente del Centro Antimobbing della Regione Lazio, Saggista, Drammaturgo, Regista. Come Poeta ha pubblicato varie poesie tra cui due libri di Poesia:1)Navigando - Poesie Terapeutiche - Pieraldo Editore - Roma 1994, prefazione di Amelia Rosselli 2) Il Guaritore del Tempo - Il Libro Italiano Editore - Ragusa 1995, con prefazione di Antonio Veneziani.3) Psicologia della solitudine - Editori riuniti, 2003. Ha organizzato, tra l’altro, convegni sulla Creatività e sulla Poesia (la Metafora dell’Utopia, Navigando di...versi, Psicopoeticamente, etc.) collaborando anche con istituzioni pubbliche e private nell’ambito della scrittura poetica. E’ stato menzionato nel Who’s Who in the world dal 2001. Ha partecipato al Lunario di Poesia del 2002 del 2003 2004 2005 2006 e 2007.E’ autore di varie pubblicazioni scientifiche. Consulenze del Tribunale di Roma (CTU..). Dal 2004 coordina la “ricerca sulla solitudine” nel portale www.chatart.it di Ernesta Galeoni. Vive e lavora soprattutto a Roma.

Ernesta Galeoni
Vince, a meno di 10 anni, concorsi per la novellistica e per la poesia indetti da settimanali a tiratura nazionale.
Partecipa a Seminari sulle tecniche del movimento corporeo e della Commedia dell'Arte
Realizza una serie di documentari su "I LAGHI DEL LAZIO" scrivendone il testo e affrontandone la regia. Tali documentari sono inoltre stati inviati a nostri connazionali che per ragioni di lavoro si trovano all'estero. Vince un premio come miglior documentarista per il Lago di Bolsena
Per la trasmissione televisiva APEIRON da lei ideata, intervista per diverse emittenti televisive, vari personaggi di spicco del mondo della cultura e dello spettacolo quali Daniel Oren, Rajna Kabajwanska, Ennio Morricone, Mauro Bolognini, Leros Pittoni, Piera Degli Esposti e molti altri
Sulla Terza Rete Nazionale (RAI3) conduce i "Programmi dell'Accesso Regionale"
Intervista per la RAI Radiotelevisione Italiana importanti personalità politiche
Partecipa al Corso teorico pratico sulla comunicazione non verbale "Il linguaggio del Corpo" presso la "Associazione Italiana Psicologia Applicata"
Partecipa al Corso teorico pratico sullo "PSICODRAMMA" presso L'ASIPA (Associazione Italiana Psicologia Applicata)
Si diploma in ARTE DRAMMAUTOGENICA (corso triennale presso L'ASIPA nel mese di giugno 1995)
E’Counselor in Psicologia Applicata iscritta al CNEL
Il TG2, RAISAT, Radio Televisione Italiana e la carta stampata le hanno dedicato diversi servizi ed articoli, è spesso intervista su tematiche riguardanti sia l'arte che la psiche. E' Iscritta DOOR ed ha realizzato e scritto oltre 200 spettacoli teatrali, Performance Poetiche ed Improvvisazioni Sceniche
Nel 2000 Assume la Direzione Artistica del Teatro degli Archi di Roma
Il Teatro degli Archi (Associazione MUSENCANTE) ospita compagnie teatrali, contribuisce alla divulgazione della poetica, promuove dibattiti, seminari, convegni, cineforum tematici, circoli letterari e quant'altro promuova la cultura e l'arte.
Con www.chatart.it, da lei ideata, vuole estendere i propri confini e proseguire il suo progetto anche nel web, favorendo utenti di diversi interessi, nella divulgazione delle proprie espressioni artistico culturali socia li e psicologiche creando un ponte d'incontro tra virtuale e reale.

Luigi De Marchi
Luigi De Marchi, psicologo clinico e sociale, politologo e autore di numerosi saggi pubblicati in Europa e in America, è stato protagonista di varie battaglie italiane per i diritti civili riuscendo tra l’altro nel 1971, con una storica sentenza della Corte Suprema sulla “Vertenza tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e il Prof. Luigi De Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti penali all’informazione e all’assistenza anticoncezionale e ad avviare la realizzazione dell’attuale rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari pubblici. Fin dagli anni ’50 era stato tra gli iniziatori dell’AIED, guidando per 20 anni l’Associazione in qualità di Segretario Nazionale. Negli anni ’60-‘80 De Marchi è stato fondatore e presidente italiano di tre importanti Scuole di Psicoterapia: quella psico-corporea di Wilhelm Reich, quella bioenergetica di Alexander Lowen e quella umanistica di Carl Rogers. Per oltre due anni ha condotto un programma di psicologia su RaiUno. Sue opere principali sono: “Sesso e civiltà”, Laterza, 1960; “Sociologia del sesso”, Laterza, 1963; “Repressione sessuale e oppressione sociale”, Sugarco, 1964; “Wilhelm Reich – Biografia di un’idea”, Sugarco 1970; “Psicopolitica”, Sugarco, 1975; “Scimmietta ti amo”, Longanesi, 1983; “Poesia del desiderio”, La Nuova Italia, 1992; “Perché la Lega”, Mondadori, 1993; “Il Manifesto dei Liberisti – Le idee-forza del nuovo Umanesimo Liberale”, Seam, 1995; “O noi o loro ! – Produttori contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale”, Biet-ti, 2002; “Il Solista - Autobiografia d’un italiano fuori dal coro”, Edizioni Interculturali, 2003.
http://www.luigidemarchi.it/biografia/luigidemarchi.html

Arianna Ballotta
Vive a Ravenna e lavora come interprete/traduttrice. Dal 1997, anno della sua fondazione, è presidente della Coalizione Italia contro la Pena di Morte una associazione apolitica e non a scopo di lucro composta da volontari che dedicano il proprio tempo alla difesa dei DD.UU. nel mondo

VITTORIO BANDA
Nato a San Cataldo (Caltanissetta) il 13.12.1944 di origini piemontesi Meana di Susa (Torino), in pensione, ha vissuto il tempo del lavoro osservando la “gente”.
Finalmente libero dagli impegni lavorativi ha iniziato a “scrivere della gente e per la gente”

ALFREDO BRUNI
Alfredo Bruni è nato a San Lorenzo del Vallo (CS) nel 1954. Vive a Sibari. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui Parole (con prefazione di Dante Maffia) e Il cane bugiardo (con prefazione di Dario Bellezza). È attivo nel campo della mail art e della pittura
http://blog.libero.it/artescritture/2519515.html

NUNZIO BUONO
Nasce a Milano il 24 giugno del 1960. Ama la pittura, la musica e la poesia, Le sue poesie sono edite in antologie di autori vari "Il foulard sull’abatjour" e "l'inchiostro degli Angeli" Vitali Edizioni. E "Ti regalo una poesia" Edizioni LuLu. Ha pubblicato il suo primo libro a solo, dal titolo "Sentieri dentro" raccolta di poesie - Vitali edizioni
pittorediprofumi@splinder.com

PAOLINA CARLI
nasce a Valle Castellana (TE) nel 1947 ma vive e lavora a Roma fin dal 1962. Ha collaborato alla progettazione e fatto parte della redazione di OZ “Rivista internazionale di utopie”, Diakronia Edizioni, Brescia; nel 2004 pubblica la sua prima raccolta di poesie Grazie Luna, Libroitaliano, Ragusa, nel 2005 Lacrime Amare - Donne di oggi come quelle di sempre, Lulu Press e nel 2007 Se potessi… - Montedit, Melegnano (MI). Dal 2004 organizza la mostra itinerante Poesia in Libertà e ne cura la relativa antologia.

ARMANDO DI NAPOLI
Poeta

ANTONIO FABI
Urbinate, 56 anni, avvocato, Antonio Fabi si occupa di musica e di letteratura.Ha pubblicato vari lavori ed ha ricevuto diversi premi, tra cui, nel 2007, quello di Marche Musica.

Sashinka Gorguinpour
Sashinka Gorguinpour è nata e vive a Padova. Ha pubblicato una raccolta di poesie e ha partecipato ad antologie di vari autori. Gestisce il sito per appassionati di letteratura www.i-racconti.com.

Daniela Lampasona
Daniela Lampasona è nata e vive a Palermo dove esercita la professione di farmacista. Ha pubblicato un libro di poesie e favole “Piccoli Cieli”. Ha collaborato con il settimanale “Il Mediterraneo” e con la rivista A.N.P.O. Collabora tuttora con il periodico siciliano di cultura “Scirocco”. Ha vinto il Premio “Città dei Ragazzi” al VII festival internazionale del bambino

Carmela Marino Mannarino
nasce a Pozzallo. Laureata in Scienze, ha svolto la sua attività di docente in Lombardia. Solo nell'agosto 2003 ha iniziato a scrivere poesie.
Partecipando a concorsi letterari ha conseguito qualche riconoscimento, tra
cui ama ricordare il primo posto a "Ruba un raggio di sole per l'inverno"
IV edizione.Singole liriche e la raccolta "Disarmonie" sono incluse in
Antologie di AA.VV. Nel 2007 amplia il suo discorso poetico con la pubblicazione di due libri:
"Cemento e Asfalto" (Edigiò) e "NUBES" (Aletti Editore).
Anita Nuzzi
Anita Nuzzi, nata ad Altamura (Bari), è laureanda in ingegneria edile e collabora nell'ufficio tecnico di ingegneria della sua famiglia. Si definisce così “Amo vedere l'Arte in tutte le cose e individuare gli occhi della gente attraverso i loro scritti. Per me scrivere è dipingere i miei pensieri”

GIUSEPPE PAOLINI
Non ama presentarsi. E’ anche pittore…
Peppino Pompò
Ricordo di essere nato a Carfizzi (la mia Hora), più di quarant’anni fa. Ora abito in provincia di Parma. Vivo tra cielo e terra non so bene dove. Per non farmi mancare nulla faccio L’agente di assicurazioni e poi per ritrovarmi scrivo e soprattutto leggo

ELEONORA RUFFO GIORDANI
è nata in Sicilia dove risiede e vive tuttora. Esercita la professione di insegnante. Da sempre coltiva la passione per la lirica.Ha pubblicato nel 2007 una silloge dal titolo"Fiori d'anima"(Ediz.Vitale).E'presente in molte antologie poetiche e in vari siti di poesia - eleonoraruffogiordani.splinder.com

VANESSA RUSCI
Vanessa Rusci artista fotografa, espone regolarmente in Italia e all’estero, i suoi lavori sono istallazioni interattive a temi sociali e utilizzano vari media (fotografia, musica, poesia, video) la poesia che è stata selezionata è tratta da “Solo un cumulo di parole” – 2006 videoistallazione
http://www.vanessarusci.com/

MIRELLA SANTAMATO
Iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, laureata presso l’Università di Bologna in Lingue e Letterature Straniere si occupa di diritti umani e in collaborazione con Arianna Ballotta ha scritto il libro THE TEXAS DEATH ROW HOTEL Ed. PHOEBUS (2°ed.) Tiene conferenze in tutta Italia. Libri pubblicati:“ IO, SIRENA FUOR D’ACQUA” - MONDADORI - “L’ALTRO CENTESIMO DEL CIELO” - Ed. INEDIT-· “LA TRAPPOLA INVISIBILE”. Ed. M.I.R. (2° ed.) “ IL SEGRETO DELLA VITA” Ed. Hobby&Work - “L’UOMO CHE NON C’E’” e “PERCHE’ L’UOMO NON C’E’?”- “LE PRINCIPESSE IGNORANTI” in via di pubblicazione.

ENRICA MARIA SCRIVANO
Enrica Maria Scrivano si laurea in Scienze Politiche con la tesi "Politica
e religione nella vita e nel pensiero del Mahatma Gandhi" e promuove i
diritti umani nella ONG delle Nazioni Unite, come membro dell'Istituto
buddista italiano (ISG). Dal 1978 al 1994 ha svolto attività artistica nel Cinema/Televisione/Teatro,
anche interprete di numerosi film, di cui ricordiamo "Interno Berlinese" di
Liliana Cavani, che le è valso il Nastro d'Argento a Taormina nel 1986

SARA SPAGNOLETTI
Sara Spagnoletti, nata a Bari, da sempre innamorata dell’Arte. Scrive poesie dall’età di otto anni. Vincitrice di molteplici Premi Letterari. Coltiva la passione per il canto lirico svolgendo un’intensa attività concertistica. Nel settembre 2007 ha debuttato in “Cavalleria Rusticana” nel ruolo di Lucia

ROBERTA VASSELLI
Roberta Vasselli è nata e vive a Mestre, Venezia. Dedita al componimento in versi, sperimenta la narrativa, racconti medio/brevi di genere vario. Selezionata come Autrice dell’anno 2005 per Horizon Editoria, esce con la Silloge “VOLI LIBERI” presentato presso librerie La Feltrinelli, è in uscita il suo secondo libro.
Autrice di testi collabora con una Musicista e Docente veneziana dal 1998 nella realizzazione di brani per composizioni vocali. E’ presente in molte antologie poetiche. Fa parte del Gruppo Poesia Comunità di Mestre.

ITALO ZINGONI
Italo Zingoni è nato nel 1950, vive a San Romano, Pisa. Scrive da molto tempo. Le sue poesie sono apparse su diverse riviste, tra cui citiamo "Pan Arte" Firenze, "Il Grandevetro", “Toscana in libri”
e su alcune raccolte antologiche.
Ha raccolto giudizi critici positivi ed è stato premiato in vari concorsi, sia per la poesia che per la prosa ( con il racconto "Il futuro di Tina" ha vinto il primo premio al concorso nazionale "Il Portone" di Pisa ). Ha pubblicato nel 1977, con il Club degli Autori, la raccolta di poesie "Linee di Margine".
Nel 1999 scrive la silloge “Le Dive” ispirata ai dipinti del Pittore Maestro Ernando Venanzi per “Evento Cinema” spettacolo itinerante sui 100 anni del Cinema.
Nel 2003 viene pubblicato a cura della Fondazione CRSM di San Miniato, il racconto lungo “ MAGGIO ”- FM Edizioni. Nel mese di Ottobre 2005 pubblicata il volume di poesie “Al mattino stropicciando il sole” a cura di “Akkuaria” associazione culturale di Vera Ambra.